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PRESENTAZIONE

 

Presentazione

 

I miei genitori avevano deciso di chiamare mio fratello Francesco, ma poi, per un evento miracoloso accaduto a mio padre in visita a Padre Pio a San Giovanni Rotondo e testimoniato da un amico che lo accompagnava, fu scelto come primo nome Pio.

Ebbene, io credo che quel nome abbia "segnato" misteriosamento il destino di mio fratello. Durante la sua vita e in circostanze diverse fu più volte vicino alla morte. Se sopravvisse non può essere stato semplicemente merito della Fortuna. La sua sopravvivenza, a mio avviso, faceva parte di un disegno di un ordine superiore. Le idee che hanno accompagnato il suo lavoro, gli incontri con le persone che hanno determinato il corso della sua vita ed i fatti miracolosi che lo hanno salvato, sono tutte cose che dovevano accadere e che avevano uno scopo ben preciso.

 

Mio fratello ha condotto una vita intensa e durante un periodo della sua esistenza anche avventurosa ed è riuscito a vivere realizzando un sogno, quello di dedicarsi totalmente all'arte, vivere facendo ciò che amava di più e gli riusciva meglio, disegnare, creare oggetti di design, dipingere.

Tutti coloro che lo hanno incontrato hanno apprezzato in lui la sensibilità, le sue idee originali, la sua fantasia e quindi creatività, ma anche conosciuto il carattere ribelle e critico che mantenne per tutta la vita e lo condussero a rafforzare liberamente la sua vocazione artistica, a studiare, ad approfondire l'opera di numerosi designers ed artisti.

 

Ho cercato con questo sito web, in omaggio a mio fratello, di far conoscere alcuni suoi lavori; purtroppo, per vari motivi, gran parte della documentazione relativa alle sue opere di design nonchè dei suoi disegni e pitture sono andati dispersi (questo è il destino di molti artisti sia noti che meno noti), pertanto prego tutti coloro che hanno collaborato con lui e che ancora custodiscono suo materiale (schizzi, disegni, foto, lettere, ecc.) di contattarmi.

 

Sfortunatamente le nostre società occidentali sono società di massa, ove i linguaggi degli artisti e dei liberi pensatori sono sopraffatti dai linguaggi di potere come quelli scientifici; inoltre i risultati del capitalismo selvaggio fatti passare come meraviglie, con la legittimazione così della volgarità a tutti livelli, l'idolatria della modernità ed il trionfo del culto della banalità. La nostra cultura è stata annientata ed umiliata dalla mezzacultura "filistea" a cui le si è opposto il modello di altre nazioni, ogni traccia di "sacro" cancellata dalla nostra vita, i nostri artisti dimenticati e trascurati, le nostre città antiche sfregiate, i nostri patrimoni paesaggistici, ambientali distrutti con cementificazioni, asfaltizzazioni, industrializzazioni, inquinamenti vari.

In ricordo di mio fratello Pio e dedicato anche agli artisti italiani noti e meno noti nonchè ai liberi pensatori e a tutti coloro che amano la bellezza, la propria Terra, la libertà, riporto il pensiero sull'arte che segue, tratto dal suo diario.

 

 

Firenze, 23 novembre 2012  Paola Porcinai

 

 

 

"L'unico amore della mia vita: l'arte"

 

Oggi, che ho 49 anni ,riconosco che il mio più grande amore della vita è stato l'arte: nelle sue forme d'espressione più varie. Ma quella che più delle altre mi ha affascinato e, allo stesso tempo inquietato, è la pittura. Proprio come si vive un vero amore: con le stesse sensazioni, gli stessi turbamenti, gioie e paure. Per lei, l'arte, ho desiderato di possedere una tela leggendaria e, come quando due amanti litigano, mi sono a volte, anche turbato fino al punto di "svendere" dei capolavori.

Amo la pittura ed in particolare quella definita "Rinascimentale".

L' amore per essa, ma sopratutto lo studio, mi permettono di osservare una tela per poi capire se è un capolavoro o meno.Della pittura conosco la semiologia, i linguaggi pittorici, il mestiere e poi anche..... ciò che, apparentemente, non è segnato o dipinto sulla tela: quel magnetismo, vibrazione intorno, quasi come l'aurea di una persona, lo stesso spirito. In quell'aurea che contraddistingue il capolavoro, è racchiusa anche la sofferenza dell'artista, perchè un grande artista prova vera sofferenza quando deve dipingere, scolpire, comporre, ecc.

Nella musica, delle note scelte bene, e "voilà" il brano composto diventa messaggio universale! La musica si ascolta, la pittura si guarda: due linguaggi diversi, un unico fine. L'arte è estasi e tormento allo stesso tempo.

A Roma conobbi anni fa il noto critico d'arte Federico Zeri a cui chiesi: "Professore perché dell'arte come estasi non ne parla più? Lei che è uno dei più noti critici d'arte al mondo ed ha criticato vari "tromboni" accademici che intendevano costringerci a "vedere l'arte" solo come espressione della ragione, perchè non parla più di ciò? "Caro giovanotto", mi rispose, "se lo facessi ancora, loro rovinerebbero me! Il mondo accademico vuole sempre dominare in tutte le discipline! E' la "casta" che domina per eccellenza! Conoscono i propri limiti e non vogliono essere superati. Solo il tempo rende giustizia ad un pioniere, ma loro restano, sono una "casta" inviolabile, che si rinnova sempre come la pelle di un serpente!"

 

Il mio primo amore per la mia "amata arte" lo provai all'incirca a sei anni: era gennaio se ricordo bene.

La domenica alle 18.30, si andava a messa a Coverciano o nella chiesa dei "Santi Fiorentini": i miei genitori e gli altri tre fratelli, tutti più grandi di me. Si arrivava sempre a messa iniziata. Confesso che pregare non mi è mai piaciuto, ma ritengo di essere un buon cristiano, timorato di Dio ed ho cercato sempre nella mia vita, per quanto possibile, di aiutare il prossimo. Ma pregare, e poi tutti insieme, proprio non riesco a farlo.

Per trascorrere quei 40, 45 minuti (il tempo non passa mai per un bambino senza i giocattoli!) mi inventavo delle storie guardando ciò che vedevo intorno a me. E le ritmavo sulle cadenze di quei canti e parole in latino. Quante storie mi ero inventato! Una, ad esempio, era immaginare di essere a bordo della mia astronave e di affrontare sempre un'avventura diversa che si concludeva con le parole del prete "agnus dei qui tollis peccata mundi": di quella frase capivo solo "mundi" cioè mondi. Pertanto, la mia storia terminava in quel momento ed io pensavo: anche questa volta la guerra è stata vinta adesso via per altri mondi!

Per trascorrere quei minuti, mi avvicinai per la prima volta ad osservare le immagini delle 14 soste di preghiera della Via Crucis, di Gesù prima della crocifissione. Erano quadri piccoli, ma ben fatti (quante volte sarei tornato dopo a rivederli!) e la drammaticità di quei corpi, ma sopratutto di quei volti, poco a poco cominciarono ad affascinarmi. E poi il Cristo sulla croce! Quel sangue quasi vero che esce dal costato!

Ma più di tutto, mi attirava l'altare: vedere il prete che appariva e spariva continuamente dietro l'altare di marmo circondato da oro, luci, candele e riflessi mi faceva pensare ad un'astronave aliena! Poi arrivava quella bellissima frase pronunciata dal prete: "Ite missa est! Deo gratias". Grazie a Dio la messa è finita pensavo ora si sta in pace per una settimana!

A casa poi, il lunedì mattina, provavo a disegnare quei mondi fantastici che avevo immaginato ed i dipinti che avevo ammirato in chiesa: il viso del Cristo sulla croce, l'altare "astronave", ed altro.

In seguito saranno proprio quei disegni a procurarmi gli schiaffi e l'ira del mio maestro di scuola elementare: Sig. G. F.

 

In estate trascorrevamo le vacanze a Ronchi in Versilia: i miei più bei ricordi dell'infanzia sono legati proprio a quei luoghi.

La domenica si andava a messa in una chiesina in pineta presso un convento di suore. Il prete di turno celebrava la messa in 30 minuti e a volte anche in 25! Bravo! Io lo controllavo col mio orologio, regalo della Prima Comunione. In quella chiesa vi erano affreschi e quadri ovunque, in particolare sul soffitto. Io me ne stavo ad osservare quel cielo azzurro con tante figure: non erano capolavori, ma erano divertenti! Anche in quelle occasioni quante storie mi inventavo per trascorrere il tempo! Oggi in età matura pur chiedendo perdono al Signore, benedico quelle chiese perchè mi hanno aperto il cuore e la mente fin da bambino!

 

Il secondo incontro con l'arte avvenne pochi mesi dopo. Mi ricordo bene che mi avevano regalato, per Pasqua, una scatola di pennarelli, bellissima, insieme ad uno splendido blocco da disegno: di quelli grandi, da artisti, con le due costole esterne rigide. Trascorrevo molte ore a disegnare su quel blocco, cercando di riprodurre ciò che avevo visto in chiesa: Cristo sofferente, Maria ed i santi con le ali fatte di penne come gli uccelli!

 

E, per colpa dei disegni, ebbi un litigio terribile con il mio maestro. Un giorno infatti mi sorprese a disegnare durante la lezione e afferrò i miei fogli per buttarli nel cestino. Che il maestro non sapesse "leggere" i disegni di un bambino mi sembrava logico visto come si comportava in classe......., ma che si permettesse di buttarli nel cestino no! Questo non l'avrei mai permesso a nessuno! Ma poi cosa raffiguravano quei disegni? Cristo sulla croce, facce di santi mal riuscite, e poi i pianeti, con Saturno con gli anelli pensato e disegnato in ogni modo possibile. Fu così che mentre il maestro li strappava per gettarli nel cestino, presi la rincorsa dal quinto banco e mi avventai alla sua testa da dietro, con l'intenzione di mordergli un orecchio! Fu proprio una rissa a tutti gli effetti: io che gli stringevo il collo per non cadere in basso, perchè il maestro era alto, lui che mi tirava botte e gomitate per liberarsi da quella presa ed i miei compagni zitti e fermi. Io urlavo al maestro che non sapeva disegnare (ed era vero!) e lui che mi diceva: "brutta canaglia adesso lo vedi!" Quando tutto fu finito, il maestro forse capì di avere sbagliato a comportarsi così: vedendo i miei compagni bianchi in viso e spaventati, disse che era stato tutto uno scherzo, che ci eravamo messi d'accordo e pregò di non riferire dell'accaduto ai genitori. Dopo questo fatto non volevo più andare a scuola: ma come fare?

Un pomeriggio pertanto, disperato, arrivai a piantarmi le forbici di mia madre nel palmo della mia mano destra. Mia madre pensò che si trattasse di una disgrazia...... La cosa bella fu che per una settimana non andai a scuola e portai il mio braccio legato al collo con un grande fazzoletto. E in quei giorni disegnai, cioè imparai a disegnare con la mano sinistra. Anni dopo, e cioè quando iniziai a frequentare l'Istituto d'Arte di Porta Romana, capii quanto fosse stato utile quell'esercizio.

 

Pio Porcinai
(Diario - 1 giugno 2002)